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lunedì 29 gennaio 2018

Jorge Lorenzo da 1,7 secondi del 2017 a meno di 2 decimi di distacco al secondo giorno di test

Lo spagnolo al primo test del 2017 era lontano, oggi è vicinissimo: grande evoluzione della coppia Desmosedici - Lorenzo

Continua il percorso di Jorge Lorenzo in sella alla Ducati Desmosedici e nel secondo giorno di test a Sepang appare chiaro ancora una volta che il rapporto che a inizio 2017 aveva difficoltà a decollare, oggi rappresenta un connubio tra i più competitivi presenti in griglia. Sono cambiati entrambi, sono evoluti ed hanno compiuto passi l'uno verso l'altra e viceversa. Lorenzo ha saputo reinventarsi dopo tanti anni di Yamaha e la Ducati ha saputo lavorare per venire incontro allo spagnolo, migliorando gli aspetti della Desmosedici che oltre ad essere indigesti per il campione erano probabilmente il grande limite del progetto.
Non siamo ancora in gara ed è presto per festeggiare. Ma le sensazioni sono buone e nel motociclismo le sensazioni sono tutto. Queste le parole dello spagnolo al termine della prima giornata: «La nuova moto mi ha subito trasmesso un buon feeling e il nostro primo test del 2018 è iniziato in modo positivo. La GP18 è decisamente più vicina al mio stile di guida e gira meglio con il gas a centro curva e, per essere il primo giorno di test su un circuito particolare come Sepang, abbiamo fatto segnare davvero un gran tempo. Vedere quattro Ducati nei primi cinque posti è sicuramente un altro segnale positivo e ho la sensazione che siamo sulla strada giusta, anche se naturalmente dobbiamo ancora migliorare alcuni aspetti».

Al termine del secondo giorno di test, Lorenzo si è preso il gusto di essere il primo pilota Ducati in classifica con un tempo di 1'59.498, a meno di due decimi dal riferimento della giornata segnato da Maverick Vinales. Come sempre, è giusto sottolineare che i test non sono tutto, che non si conoscono con precisione le condizioni degli avversari, quanta benzina ci sia nel serbatoio, se abbiano o meno utilizzato gomme nuove e altro. Quello che però è altrettanto giusto sottolineare, è che il passo avanti fatto dai primi test del 2017 ad oggi è enorme per Jorge Lorenzo.


A quell'epoca, la Desmosedici era per lo spagnolo un oggetto strano a cui dare del "Lei" con estrema circospezione. Oggi invece la situazione è diversa, e vedere Lorenzo spremere la GP18 sui curvoni di Sepang è un vero piacere. Anche i tempi sono molto importanti, perchè un anno fa era impensabile per lo spagnolo abbattere il muero dei 2 minuti a Sepang molto facilmente, mentre oggi ci è riuscito 3 volte ed ha girato anche molto spesso sul passo del 2'00, che a Sepang è un bell'andare.

Insomma è presto per stappare bottiglie e brindare ad un Lorenzo pronto a lottare per il titolo in sella alla Ducati, ma non è presto per sorridere pensando soddisfatti che questo grande campione ha lavorato senza sosta su se stesso mentre in Ducati si lavorava sulla moto. I risultati si vedono ed ora abbiamo sempre più voglia di essere già in Qatar, una pista che lo spagnolo ha sempre amato. Potrebbe essere il teatro perfetto per rompere il ghiaccio e vivere un inizio di stagione da sogno.

sabato 27 gennaio 2018

Lettera aperta dei Ducatisti a Casey Stoner: «Ti preghiamo, torna a correre. Se non vuoi farlo per te stesso, fallo per noi...»

Casey, non ce la facciamo più a vederti in sella alla Desmosedici sapendo che non vuoi correre in gara. Che ne dici di fare un regalo a tutti noi Ducatisti?

«Caro Casey, noi Ducatisti abbiamo pensato di scriverti una lettera. Abbiamo deciso di farlo dopo l'ennesima volta in cui sei salito in sella alla Desmosedici e sei stato semplicemente impressionante. Ogni volta che sali su una moto sai essere impressionante, ma la magia che si crea quando sei in pista sulla tua fiammante Ducati rossa con il numero 27 sul cupolino....è proprio questo: magia. Succede qualcosa che è difficile da tradurre in parole, da mettere nero su bianco.

Resta una scia di emozioni, resta la pelle d'oca nel vederti derapare. Affiorano ricordi, che sono tutt'altro che affievoliti dal peso degli anni. Perchè, ammettiamolo, ormai sono otto anni che non corri in gara su una Ducati e parlando di motociclismo, è quasi un'era geologica. Eppure torna in mente la prima trionfale cavalcata a Losail del 2007. Torna in mente quella pinna sul rettilineo di Motegi dello stesso anno. Sono nitide nella nostra mente anche le immagini dei duelli, delle cadute, di ogni singolo istante passato in sella alla nostra amata Rossa di Borgo Panigale. 

Ci sono anche state delusioni, c'è stato un momento in cui tu e noi siamo stati lontani. Ti abbiamo visto correre e vincere per qualcun altro. Ma non è mai stato neanche per un istante messo in discussione l'infinito affetto che noi Ducatisti proviamo per te. Abbiamo sempre saputo che sei selvaggio in sella e sincero oltre ogni ragionevole comprensione quando scendi dalla stessa sella. Non ti è mai andato giù il "sistema MotoGP", e noi ci abbiamo messo anni a capirti fino in fondo. In molti probabilmente ancora non l'hanno fatto, ma tutti ormai rispettano la tua decisione.

Hai scelto la famiglia, hai scelto l'amore per la vita. Hai scelto di non provare l'oppressione per l'ennesima conferenza stampa costellata di frasi fatte e di circostanza. Hai scelto di non partecipare agli eventi di quegli sponsor tanto odiati quanto indispensabili per far andare avanti il Circo. Hai capito nel tuo intimo che la MotoGP è diventata proprio questo: un Circo. E in ogni Circo che si rispetti, le attrazioni devono essere spettacolari, devono piacere al pubblico. Forse hai avvertito la strana sensazione di essere sfruttato dagli altri, hai provato il fastidio di sapere che qualcuno ha approfittato del tuo talento per i propri benefici personali.

Per questo ti sei ritirato dalle competizioni, hai fatto una scelta precisa. Solo che questa scelta provoca ogni volta un dolore immenso all'altra tua famiglia. Perchè un pò noi tifosi Ducatisti ci consideriamo questo, ci consideriamo una tua seconda famiglia. Abbiamo esultato, abbiamo sofferto, abbiamo pianto. Forse non sai davvero quanto ti vogliamo bene e quanto ci manchi. Siamo pazzi di Andrea Dovizioso, adoriamo l'aggressività di Jorge Lorenzo. Ma come amiamo te...sei semplicemente un'altra cosa, un affare completamente diverso. Forse proprio per il tuo essere così legato all'essenza del Racing e per il fatto di non voler essere a tutti costi una star. Ami correre in moto, ami la Ducati. Sei probabilmente più Ducatista tu di tanti che hanno la tessera di un qualche DOC in giro per il mondo.


E' per questo che abbiamo pensato di scriverti questa lettera, alla fine del test di Sepang. L'ennesima volta in cui sei salito sulla tua Ducati rossa e ti sei messo a danzare tra le curve. Una danza che ha troppa magia per essere relegata a dei test privati, che solo in pochi possono guardare di persona. Abbiamo pensato di dirti ancora una volta che ci manchi, che ci manchi da impazzire e che sarebbe bellissimo averti ancora una volta in gara su quella Ducati rossa. Siamo tutti certi che in Ducati farebbero di tutto per accontentarti. Probabilmente riuscirebbero a non farti partecipare ad alcun evento con gli sponsor. Forse riuscirebbero anche ad evitarti buona parte delle conferenze stampa.

Immagina con noi la scena: arrivi nel Paddock, indossi la tuta e sali in moto. E dai gas. Punto. Senza fronzoli, senza parole inutili. Dai gas per il gusto di farlo, corri una gara per il gusto di provare quella adrenalina che solo le competizioni sanno regalare. Per tutti noi sarebbe un sogno, sarebbe un momento semplicemente magico. Casey, te lo chiediamo ancora una volta e ti chiediamo di farlo anche solo per una gara. Siamo anche noi parte della tua famiglia. Non siamo forse la parte più importante, ma credici quando diciamo che ti vogliamo bene davvero.  Mugello, Phillip Island, Misano. Scegli tu, per noi è la stessa cosa. Ci manca quella magia che solo un ragazzo australiano in sella alla Ducati rossa con il 27 sul cupolino sa regalare. Ci manchi tu. Tantissimo»

venerdì 26 gennaio 2018

La Honda copia Ducati: massiccio utilizzo di carta carbone in HRC per l'aerodinamica della RCV 213

I primi test di Sepang hanno svelato la strategia Honda per definire l'aerodinamica della RCV 213, che sembra decisamente ispirata alla Desmosedici

Il motto originale dovrebbe essere: «Se non puoi batterli, alleati con loro». Solo che nel Racing non esistono alleati, perchè è uno sport individuale. Tutti vogliono battere tutti, essere davanti. Poi stiamo parlando di uno sport in cui l'aspetto tecnologico riveste ovviamente un'importanza fondamentale, che definisce in maniera molto forte i valori in campo. Ecco dunque che in Honda hanno valutato che il motto di cui sopra, deve essere necessariamente declinato in un altro modo: «Se non puoi batterli, copia spudoratamente da loro». Se pensate che questa interpretazione sia esagerata, vi basta mettere a confronto la Desmosedici di Lorenzo e Dovizioso con la Honda RCV messa in pista a Sepang nelle mani di Ayoma e Bradl e immortalata da Peter McLaren del sito inglese Crash.net .

La Casa di Tokyo è stata la prima a mettere in piedi un'autentica lotta all'arma bianca contro l'utilizzo dell'aerodinamica in MotoGP. L'ha fatto perchè quando Ducati ha spinto sull'acceleratore nel 2016 mettendo in pista una veste aerodinamica spinta al massimo del consentito dal regolamento, è apparso immediatamente chiaro che sarebbe stato molto difficile per chiunque eguagliare quel lavoro, frutto di anni di investimenti in un settore spesso snobbato dai rivali.

Ducati ha sempre adottato una determinata politica nel Racing, e tutti ricordiamo le splendide parole di Filippo Preziosi, l'ingegnere che ha portato la Desmosedici al titolo del 2007 con un Casey Stoner stellare in sella: «Non avremo mai le risorse della Honda o della Yamaha. Noi siamo alla stregua di un piccolo Costruttore, e per battere dei colossi del genere dobbiamo necessariamente tracciare una nostra strada, diversa dalla loro. Se lottassimo sullo stesso terreno di gioco, non avremmo speranze». Questa mentalità ha portato a studiare il telaio scatolato, a sviluppare un'elettronica raffinatissima. Ha spinto Ducati ad essere la prima "grande" a passare a Bridgestone, e l'ha poi convinta ad investire negli anni nell'aerodinamica, un settore snobbato dalla maggior parte dei concorrenti.


Anni di ricerca e sviluppo hanno portato alla definizione di nuovi parametri, che di colpo hanno reso vetuste le interpretazioni dei rivali sul tema aerodinamica. In Honda l'hanno capito, e nel 2017 sono riusciti ad ottenere una maggior attenzione sul regolamento. Solo che in Honda hanno finito per sottovalutare il potenziale dell'inventiva Ducati. A Borgo Panigale hanno infatti offerto il meglio quando sono stati in grado di mettere in pista la Desmosedici versione "Brno", con la veste aerodinamica che ancora oggi dovrebbe caratterizzare la GP18.


A questo punto, in Honda hanno capito che tentare di impedire alla creatività degli ingegneri italiani è semplicemente impossibile, e hanno scelto una strada diversa, fornendo una propria interpretazione dell'applicazione aerodinamica sulla moto. Il punto è questa interpretazione, sembra eccessivamente simile a quanto offerto da Ducati sulle proprie moto. Le prime foto della RCV a Sepang, potrebbero in alcuni frangenti essere confuse con quelle della Desmosedici.


Sappiamo che non sarà un problema, perchè mentre a Tokyo sono stati impegnati a copiare, a Borgo Panigale avranno probabilmente studiato una nuova strada da seguire. In un certo senso, è un complimento da parte della HRC, il Reparto Corse più potente al mondo. Ci piace immaginare gli ingegneri Ducati che guardando il cupolino della Honda a Sepang sorridono, pensando che per quanto possano sforzarsi a Tokyo, la Desmosedici continuerà a giocare un'altra partita. Anche per questo, c'è da essere orgogliosi nel tifare Ducati.

giovedì 25 gennaio 2018

Adesso possiamo urlarlo: LA DUCATI PANIGALE V4 E' LA MIGLIOR MOTO SPORTIVA AL MONDO!

I tester hanno messo le mani sulla Ducati Panigale V4 a Valencia e il verdetto è unanime: la migliore di tutte in tutto

Cosa significa essere i migliori? E soprattutto, come si fa a definire una moto migliore di un'altra? I parametri da prendere in considerazione sono tantissimi, e ognuno ricopre la sua importanza. Per alcuni valgono i numeri nudi e crudi, quindi si parla di potenza, di cavalli, di peso e di curve di coppia. Per altri, la moto deve conquistare al primo sguardo, deve essere bella, preferibilmente bellissima. C'è poi chi ha un'anima più romantica, e cioè chi si fida delle proprie sensazioni, colui che vive l'emozione della moto in modo diverso ogni volta che l'accende, ogni volta che la osserva dopo un giro tra i passi. Questo è forse il più emozionale tra i parametri, e spesso è anche quello più importante.

Se vi fermate al bar sul passo assieme ad un gruppo di motociclisti ed arriva qualsiasi moto di recente introduzione sul mercato, si scatenano le discussioni più feroci. Chi dice che non è affidabile, chi dice che ha letto che non frena. Chi la indica e dice: "soldi buttati". Insomma, si potrebbe ricavare un discreto spaccato umano osservando le reazioni dei motociclisti al nuovo che avanza. Oggi però c'è un punto fermo, c'è uno zenith.
Quando la Ducati ha iniziato a delineare la Panigale V4 ha sfidato tutto e tutti. Ha sfidato sé stessa, perchè proprio in Ducati si è sempre detto che il bicilindrico è il miglior frazionamento per qualsiasi moto stradale. Ha sfidato le grandi rivali, che possono vantare un'enorme esperienza sui plurifrazionati impossibile da replicare. Ha sfidato la storia e anche chi pensava che fosse impossibile industrializzare un motore raffinato come il Desmosedici Stradale. Quando a Milano sono stati tolti i veli alla Panigale V4, abbiamo capito che tante di queste sfide sono state vinte da Ducati. Eppure mancava il confronto, mancava l'altro punto di vista.

Abbiamo parlato con Alessandro Valia ad EICMA, il tester di riferimento per la delibera delle sportive stradali di Borgo Panigale, e lui ha garantito che pur essendo di parte, si sentiva sicuro di sè nell'affermare che: «Questa moto è la miglior sportiva che c'è sul mercato. Punto». Parole simili sono state pronunciate da Domenicali al momento della presentazione. Ma non bastava, non era ovviamente sufficiente.

Adesso però le cose sono cambiate, perchè Ducati ha permesso alla stampa mondiale di mettere le mani sulla Panigale V4 a Valencia, per un test che ha messo a nudo tutti i pregi di una moto semplicemente meravigliosa. Alcuni tra i tester hanno pubblicato immediatamente le proprie impressioni ed è incredibile notare quanto entusiasmo abbia saputo generare questa moto tra i fortunati che l'hanno potuta spremere al limite sul tracciato spagnolo.

Igor Berzi, per tutti il mitico Aigor di Superbike Italia, la racconta così:



Riccardo Piergentili, tester di Motosprint e viso che avrete sicuramente riconosciuto nei video "The Test" in onda su Sky, è altrettanto eloquente:


Anche i colleghi di Cycle World non prendono per nulla sottogamba l'impatto di questa moto e dichiarano senza mezzi termini: «La Panigale V4 s è la più veloce Ducati Superbike che abbiamo mai guidato»


Molto bello anche il video di Alberto Naska, invitato assieme alla stampa specializzata per partecipare alla presentazione, che ha pubblicato un video molto emozionale condensando in pochi minuti un'esperienza fantastica.


Ovviamente ci sono quantità di onboard da far impallidire ma i due che colpiscono di più sono quello pubblicato da Motociclismo e quello pubblicato direttamente dal canale Youtube ufficiale di Ducati, che ci porta in sella assieme al tester Alessandro Valia, uno dei pochi capace di spremere davvero al limite il missile rosso. L'accelerazione poderosa, l'agilità della moto e il suo comportamento generale le permettono di girare a Valencia in 1.36'8, che è appena un secondo sopra il tempo segnato in gara da Troy Bayliss sulla stessa pista in sella alla 1198 con cui si sarebbe laureato campione del mondo SBK. Il tutto con una moto quasi completamente di serie.

Questo il video di Motociclismo:



Questo l'impressionante onboard di Alessandro Valia, che gira a meno di un secondo da Troy Bayliss:
Emozioni, staccate, violente impennate. Le informazioni a disposizione ormai sono abbastanza per gridarlo senza paura di essere smentiti: LA DUCATI PANIGALE V4 E' LA MIGLIOR MOTO SPORTIVA AL MONDO!

mercoledì 24 gennaio 2018

WSBK Test Jerez Day 2 - Tom Sykes fa volare la Kawasaki, Melandri quinto lavorando sul passo


Seconda giornata di test a Jerez all'insegna del dominio Kawasaki, con Sykes che vola. Grande lavoro sul passo gara per Melandri e ottimi riscontri dalla Honda con Leon Camier

Se guardiamo alla classifica dei tempi del secondo giorno di test a Jerez, appare lampante che le Kawasaki ufficiali siano ancora il riferimento per chiunque in pista. Ma sono dei test, quindi è difficile stabilire in che configurazione abbiano girato i piloti e sapere chi ha sfruttato la gomma da tempo. Sappiamo per certo che Melandri non ha mai tentato il time attack puro, eppure è quinto in classifica a fine giornata con un ottimo riferimento.


L'italiano ha incassato quasi un secondo da Sykes, unico a scendere sotto il muro del 1'39, mentre è a meno di 3 decimi da Jonathan Rea, secondo in classifica. Sul podio virtuale sale Nick Canepa, "prestato" al Team sviluppo SBK in sella alla Yamaha R1 ed in grado di spingere più forte degli ufficiali. Impressiona il quarto posto di Leon Camier, che ha sfruttato la nuova elettronica Marelli a disposizione della Honda CBR per farla issare in classifica su posizioni che dovrebbero essere la norma per il Costruttore di Tokyo.

Buoni segnali anche da Jordi Torres, che ha ereditato la sella MV che fu dello stesso Camier. Settimo in classifica a poco più di un secondo dal missile Sykes.

Questa la classifica completa a fine giornata: 


martedì 23 gennaio 2018

WSBK Test Jerez Day1 - I tempi al termine del 1° giorno


Jonathan Rea continua ad essere mattatore in SBK, ma non sono lontani Melandri e Davies. Primi passi in pista per la Panigale V4, quindicesima con Zanetti a meno di due secondi dal top



venerdì 19 gennaio 2018

Ma cosa doveva fare Dovizioso per battere Buffon?

Abbiamo appreso che Miguel Oliveira in Portogallo è stato eletto sportivo dell'anno e ci è tornato in mente che in Italia, Buffon ha battuto Dovizioso per lo stesso titolo

Di certo il Portogallo non può vantare una serie di campioni nello sport quanto può fare l'Italia, ma c'è un preciso ambito in cui davvero gli sportivi italiani non possono che zittire rispetto ai colleghi portoghesi: il calcio. Perchè? La risposta al quesito è semplicissima ed ha un nome ed un cognome: Cristiano Ronaldo. Il fenomeno del Real Madrid rappresenta il campionissimo, una specie di idolo nella sua terra natia. Nel 2017 ha vinto l'ennesimo Pallone d'Oro, per la precisione il quinto della sua carriera. Tanti quanto un certo Leo Messi, per capirci

Come in Italia è stato eletto lo sportivo dell'anno, sia in ambito maschile che femminile, anche in Portogallo è stata fatta la stessa cosa. In Italia, nella classifica organizzata dalla Gazzetta dello Sport, a vincere è stato Gianluigi Buffon. Buffon il portiere della Juventus, ovvero lo stesso portiere che NON ha vinto la Champions League con il suo Club e NON ha permesso all'Italia di qualificarsi ai mondiali di calcio del 2018. Eppure ha vinto.

Detto ciò, appare chiaro che in Portogallo lo stesso titolo poteva essere vinto solo da un uomo, da quel Cristiano Ronaldo premiato ben cinque volte con il Pallone d'Oro. Chi avrebbe potuto sperare di battere cotanto plamares? Ebbene uno c'è stato ed è un uomo che nel 2017 non ha vinto alcun titolo di pregio, se non tre vittorie di tappa. Stiamo parlando, e non ce ne voglia, di Miguel Oliveira, ovvero il rider KTM in Moto2 che ha avuto il merito di vincere tre gare alla sua stagione di debutto nella middle class. Una stagione certamente interessante questa del 2017 per il pilota portoghese, ma onestamente sapendo di avere come rivale in corsa Ronaldo, ci domandiamo quante chance avesse di batterlo, almeno stando ai parametri dell'Italia. Ma il punto è che Oliveira non è italiano e non ha dovuto competere qui da noi per meritarsi questo titolo.


Questa sfortuna è invece toccata ad Andrea Dovizioso ed anche a Franco Morbidelli. Il primo ha vinto con la Ducati ben sei volte in stagione, non riuscendo a coronare il sogno iridato davvero per un soffio e regalando un'emozione lunga 18 gare ai tifosi italiani. Pilota italiano, moto rossa e italiana. Dovizioso e la Desmosedici sono stati senza dubbio la sorpresa tricolore della stagione, un tripudio di italianità tesa a battere qualsiasi avversario. Lo stesso possiamo tranquillamente affermare per Franco Morbidelli, che si è preso di forza il titolo mondiale della Moto2, riportandolo in Italia dopo tanti, troppi anni di assenza. Dovizioso ha incantato, Morbidelli ha incantato e ha pure vinto. Eppure nessuno dei due ha potuto nulla contro la corazzata Buffon. Non abbiamo niente contro il portierone della ormai decrepita nazionale di calcio italiana, ma avremmo molto da dire a chi ha contribuito a fargli vincere un titolo che riteniamo sia profondamente immeritato. Come si fa a pensare che il 2017 di Buffon sia migliore o degno di maggiori attenzioni rispetto a quello di Dovizioso e di Morbidelli?

Cosa ha vinto Buffon? L'ennesimo scudetto? E cosa hanno fatto i due piloti? Hanno fatto molto di più! Ci hanno resi orgogliosi di essere italiani. Uno ha fatto trionfare la moto italiana, si è battuto corpo a corpo con il peso massimo per eccellenza del ring della MotoGP e l'ha sconfitto. L'altro si è laureato campione del mondo. CAMPIONE DEL MONDO. Lo ripetiamo a caratteri cubitali, perchè sembra che questa impresa non sia stata compresa al 100% dai media nostrani, che hanno preferito "favorire" in qualche modo la vittoria di Buffon in questa competizione, che magari non varrà nulla, ma che ha il suo peso. 


Perchè se in Portogallo un ragazzo che vince tre gare in Moto2 viene trattato da eroe, qualcuno mi spieghi come mai in Italia non abbiamo portato in trionfo Dovizioso e Morbidelli! E poi, scusate se finora non l'abbiamo menzionato, avete presente cosa ha fatto Tony Cairoli? Il siciliano è una leggenda vivente ed è italiano! Se fosse nato negli USA, come minimo sarebbe un papabile alle presidenziali. In Italia in troppi a stento conoscono il suo nome. 

Leggere di questo riconoscimento per Oliveira nel suo Portogallo ci ha resi tristi. Il calcio è lo sport nazionale in Italia, su questo non c'è dubbio. Ma nel motociclismo siamo i migliori, eppure sembriamo non capirlo, non volerlo comprendere. Il punto è che probabilmente questo sport è stato condizionato in modo forse anche eccessivo da Valentino Rossi e dai suoi successi del passato. Perchè siamo tutti certi che se Valentino fosse stato in lizza per il titolo fino a Valencia, probabilmente il titolo di sportivo italiano dell'anno lo avrebbe vinto lui. 

Rossi ha scritto delle pagine di Sport incredibili per l'Italia nel motociclismo ed altre ne scriverà, ne siamo certi. Ma adesso è il momento di andare avanti, di avere fiducia in coloro che hanno una vita davanti per scrivere la propria di storia nello sport. Purtroppo con il grande Tony Cairoli non riusciremo mai a saldare un debito di riconoscenza che sembriamo davvero ignorare di avere qui da noi. Però non è tardi per i campioni del domani, non è tardi per chi può scrivere le sue di pagine di Sport. La nostra speranza è che qualcosa cambi e che nel 2018, lo sportivo dell'anno in Italia sia chi ci ha provato fino in fondo, chi ci ha messo il cuore, chi non ha mai mollato. 

Forse in Portogallo hanno pensato di premiare Oliveira seguendo questi parametri. Sarebbe bello che cominciassimo a farlo anche in Italia.

giovedì 18 gennaio 2018

Paolo Ciabatti spiega le enormi differenze di approccio tra Lorenzo e Iannone

Oltre ad avere un palmares decisamente differente, Paolo Ciabatti ha spiegato altro sugli approcci di Iannone e Lorenzo al lavoro di squadra

Partiamo dal presupposto secondo cui il primo rivale da battere il proprio compagno di team. Questa affermazione è valida in ogni sport e quando si parla di Racing assume contorni ancora più definiti. Se guidi una Honda e ti chiami Marquez, puoi accettare di essere sconfitto da Vinales e dalla sua Yamaha. Ma se sei un pilota Ducati, non puoi accettare di essere battuto da chiunque altro guidi una Ducati in pista. E' una legge non scritta, che vale in ogni singolo box, compreso in quello che condividono Andrea Dovizioso e Jorge Lorenzo.

Eppure, anche tra compagni di squadra che farebbero di tutto per battersi l'un l'altro, può esserci un profondo rispetto ed una gran voglia di collaborare. Una situazione che in Ducati hanno vissuto nell'ultima stagione in modo nettamente migliore rispetto a quanto capitato tra il 2015 e il 2016, con la coppia Iannone - Dovizioso a fare scintilla in pista e fuori. Sull'argomento è tornato Paolo Ciabatti, nel momento in cui gli è stato chiesto se fosse o meno preoccupato per quanto potrebbe avvenire nel 2018 dopo le leggere incomprensioni di fine stagione tra Dovizioso e Lorenzo.

Per quanto la rivalità tra questi due piloti sia altissima, si parla di due campioni che hanno debuttato assieme in 250 nel 2005, e poi hanno continuato la propria scalata nel 2008, approdando in MotoGP rispettivamente in Honda e Yamaha. Un'esperienza enorme, che li ha portati a condividere la stessa moto e lo stesso obiettivo: vincere con una Ducati.

Una situazione molto diversa da quella chi si è vissuta precedentemente, come sottolinea Ciabatti: «Penso che per la coppia Iannone-Dovizioso la situazione fosse molto diversa, soprattutto per la differenza di carattere di quest'ultimo. Ha un carattere abbastanza diverso rispetto a Jorge. A noi piace molto Andrea Iannone. Quando arrivò in squadra, venne con l'approccio di grande rivalità nei confronti del suo compagno di team, il che creò immediatamente delle frizioni. Adesso ci sono Jorge e Dovi, che si conoscono molto bene a vicenda perchè sono in MotoGP da molti anni. Si rispettano a vicenda. Ovviamente vogliono battere ognuno l'altro, ma è normale. Ogni compagno di squadra è il peggior nemico. Non sono preoccupato di quello che accadrà».

Paolo Ciabatti afferma insomma come, per quanto la rivalità tra Dovizioso e Lorenzo sia forte, non si arriverà mai a situazioni davvero rischiose, perchè si sta parlando di due piloti con grandissima esperienza e che si rispettano tra loro: «Ovviamente ci potranno essere momenti in cui la divergenze potrebbero aumentare, anche perchè in pista può succedere di tutto. Io penso che sia Andrea che Jorge nutrano un profondo rispetto reciproco. Non piace a nessuno di loro fare cose folli in pista. Quando i piloti si rispettano tra loro, è perchè si sono osservati in pista per molti anni, e già per questo il 90% del lavoro è fatto. Non viviamo in un mondo ideale. Ci potrebbero essere momenti particolari, mq sarà abbastanza facile sedersi attorno ad un tavolo con loro e tagliare sul nascere qualsiasi potenziale problema e lasciare che ognuno spieghi le proprie ragioni all'altro. Se dovesse nascere qualche malinteso, non aumenterà mai ad un livello troppo alto».

mercoledì 17 gennaio 2018

Lorenzo e il suo 2018 in Ducati: «Vi offrirò il miglior Jorge di sempre»

Jorge Lorenzo non è tipo da lanciarsi in facili entusiasmi, eppure alla presentazione della Desmosedici i proclami ci sono stati

Quella vissuta nel 2017 da Jorge Lorenzo è la prima senza vittorie da tantissimi anni. Ci si è focalizzati sul fatto che sia stata la prima stagione in MotoGP senza alcuna vittoria, ma in realtà si deve mandare il calendario ancora più dietro del 2008, ovvero l'anno del suo debutto in top class in sella alla Yamaha M1. Per essere pignoli e precisi, l'ultima stagione senza vittorie di Jorge Lorenzo è quella del 2005, anno del suo debutto in una 250 che all'epoca era una classe difficilissima. Dal 2006 al 2016, lo spagnolo non ha mai mancato l'appuntamento con il primo gradino del podio e in tante occasioni quest'appuntamento è avvenuto con una frequenza imbarazzante per gli avversari.

La presentazione della Desmosedici con cui Ducati affronta il 2018 è stata l'occasione per essere aggressivi anche nelle dichiarazioni, l'occasione per tornare a frequentare il primo gradino del podio, sfiorato in almeno tre occasioni nitide nel 2017. Il maiorchino sa di avere un bagaglio di esperienza diverso in sella alla Ducati da MotoGP, una moto così diversa rispetto alla M1 da pretendere un lungo periodo di apprendistato anche per un campionissimo come lo spagnolo.

Proprio da questa maggiore consapevolezza parte il suo 2018: «Si parte con più consapevolezza quest'anno. Come pilota in generale, ma soprattutto come pilota Ducati. Dopo la scorsa stagione capisco di più la moto e questo grazie ad una lunga, ma costante crescita. Adesso so cosa serve per andare forte, so cosa fare. Già nel finale di stagione 2017, ho lottato spesso per le prime 5 posizioni, e ad Aragon ho vissuto una gara rimanendo per tanti giri in testa, anche se alla fine non ho vinto. Ma va bene così. Non deve essere una ossessione la vittoria. Mi vedo comunque un pilota migliore dello scorso anno anche se non ho vinto. Il primo posto non è arrivato per tanti motivi, soprattutto per le difficoltà legate all'adattamento alla moto. Ho dovuto cambiare il mio stile di guida per cercare di essere più veloce. Ducati mi ha aiutato molto per facilitarmi le cose, però il tempo è stato poco. Per il prossimo anno sono sicuro che saremo più competitivi, di quanto non lo so, ma... certamente staremo più avanti». 

Jorge ha le idee molto chiare su cosa sarà in grado di offrire alla Ducati in questa seconda stagione da pilota di Borgo Panigale: «Quello che posso fare è offrire la migliore versione di Jorge Lorenzo. Se riesco a fare questo con l'aggiunta di una moto che sicuramente è cresciuta, posso fare bene e soprattutto puntare alla vittoria in molte gare. Non so se sarò in grado di lottare per il titolo, questo dipenderà da tanti fattori, compresa la fortuna che avrà il suo peso». 

Qualche parola Lorenzo l'ha spesa anche riguardo il suo rapporto con Andrea Dovizioso, che nel corso del 2017 ha offerto prestazioni incredibili sulla stessa moto: «Il rapporto con Dovizioso è buono, anche se non sempre è facile andare d'accordo con tutti. In generale, da un pilota come lui si può solo imparare. Dovi è un pilota molto intelligente, che lavora tantissimo. Ha passato cinque stagioni sulla Desmosedici ed ovviamente sa come sfruttarla al massimo. Nel 2017 l'ho osservato con attenzione, ho studiato i suoi dati e quelli di Petrucci, e mi sono fatto una mia idea su come si guida questa moto». 

lunedì 15 gennaio 2018

Desmosedici GP18: un piccolo passo per la Ducati...

...un grande passo per la MotoGP. Questa moto ha il compito di battere Honda e Yamaha a distanza di oltre 10 anni dalla vittoria di Casey Stoner. E non si tratta di una missione impossibile

Cosa resta di questa presentazione, del momento in cui la Desmosedici GP18 si è mostrata al pubblico dell'Auditorium di Bologna? Da ducatisti, siamo certi che se prima c'era qualche dubbio, qualche piccola preoccupazione per la tanto sbandierata rottura con Dovizioso, adesso sembra che l'allarme sia del tutto rientrato e che anzi ci sia una grande voglia di rivincita da parte di tutto e tutti.

Una rivincita invocata da Gigi Dall'Igna, che a dispetto delle belle dichiarazioni di sport, è un tipetto che digerisce malissimo le sconfitte e che sa di essere in Ducati per uno scopo preciso: vincere. L'ingegnere che ha letteralmente preso per mano il reparto corse di Borgo Panigale e lo sta traghettando verso una vera e propria era 2.0 non vuole accontentarsi di una sconfitta con l'onore delle armi. Non vuole accontentarsi di ricevere i complimenti di Honda e Yamaha per il bel lavoro svolto. Lui vuole batterli tutti e per farlo si è preso il rischio di stravolgere una moto che nel 2017 ha conquistato 6 vittorie. Ma le 6 vittorie non sono bastate per battere tutti, quindi cambiare ancora era necessario per raggiungere un obiettivo che diventa ogni anno sempre di più una magnifica ossessione: batterli tutti.

Una rivincita desiderata con tutte le sue forze da Andrea Dovizioso, il protagonista assoluto del 2017 targato Ducati, l'uomo che ha saputo reinventarsi leader quando sembrava destinato al ruolo di gregario. La stagione perfetta non gli ha regalato il titolo, tanto a lungo agognato e desiderato. E lui adesso parte con una consapevolezza maggiore, e lo fa dopo aver sottolineato che chi ha parlato di difficoltà con Ducati ha solo messo in fila una serie di fantasiose fandonie: Desmodovi è un uomo Ducati, e vuole probabilmente restare tale a lungo, con buona pace di chi lo vede già in sella ad una M1 o a qualche altra moto. In questo momento, Dovizioso queste moto vuole solo batterle e vuole farlo restando in sella alla Desmosedici GP18, una moto che deve tantissimo del suo DNA proprio al pilota di Forlì.


Una rivincita necessaria per Jorge Lorenzo, che ha concluso il 2017 nel modo in cui l'avrebbe desiderato cominciare. Lo spagnolo è troppo abituato a lottare per la vittoria per considerare "buona" una stagione conclusa con qualche podio e la soddisfazione di aver condotto in testa qualche gara. Da lui si aspettano tutti di più, ed il primo a farlo è proprio lui, ovvero la persona più esigente di tutte. Perchè Jorge Lorenzo è il primo severissimo giudice di se stesso, è il primo ad essere consapevole che in Ducati debba fare di più. Non è più tempo di crescere, non è più tempo per imparare. Ora tocca vincere, senza se e senza ma. Vincere e basta, per dimostrare a tutti che Jorge Lorenzo, è in grado di farlo anche su una moto diversa dalla Yamaha M1.


Una rivincita per tutti noi, disperatamente tifosi della Ducati. Oggi si è condensata tutta l'adrenalina, la passione, la voglia che abbiamo tenuto dentro di noi a partire da quel maledetto giorno a Valencia. Certo, il mondiale non l'abbiamo perso in Spagna, ma è proprio in quel momento che si è concentrata e poi dispersa tutta la speranza accumulata durante la stagione. Siamo tutti pronti a raccogliere di nuovo la sfida, siamo pronti a perdere di nuovo e abbiamo speranza di poter vincere. Non ci spaventa la possibilità di essere delusi, quanto piuttosto ci entusiasma l'idea di poter passare un'altra lunga stagione a tifare per le Rosse di Borgo Panigale, ad emozionarci per un sorpasso, una sportellata. Ascolteremo le interviste, cercheremo di capire le emozioni dei piloti, di interpretare tempi, passi gara, scelte di gomme. E soprattutto, saremo lì ad urlare a squarciagola: "FORZA DUCATI!!!".

Presentazione in Live Streaming della Ducati GP18, l'arma di Dovizioso e Lorenzo


Ecco il video live della presentazione della Ducati GP18 che potrebbe consentire ad Andrea Dovizioso e Jorge Lorenzo di riportare il titolo a Borgo Panigale

Ci siamo, ormai è un countdown degno dei migliori lanci NASA. La presentazione della Ducati Desmosedici GP18 sta per andare in onda, ed anche noi la trasmetteremo in diretta Streaming. Questa che si appresta a vivere sarà senza dubbio una stagione intensa per Ducati, che deve mettere completamente a frutto tutta l'esperienza maturata nella scorsa stagione e sferrare un attacco deciso al titolo. La speranza, è che questo attacco sia composto sin dall'inizio della stagione da due punte, potendo contare sia su un Andrea Dovizioso in forma stellare che su un Jorge Lorenzo finalmente completamente a proprio agio sulla moto italiana.

Secondo le indiscrezioni della vigilia, questa GP18 è stata pensata per correggere un aspetto in particolare della Desmosedici che ne ha sempre tarpato le ali nelle proprie ambizioni iridate, ovvero la cronica mancanza di velocità a centro curva. Il problema potrebbe essere stato risolto da Ducati grazie ad un nuovo telaio, caratterizzato da quote molto diverse. Oggi accontentiamoci di vedere la nuova livrea della Rossa, per sapere quanto va forte dovremo aspettare i primi test di Sepang e dalle prime sensazioni di Stoner e Pirro, designati per portare al debutto in pista l'arma per il 2018 in MotoGP.

domenica 14 gennaio 2018

Un altro italiano in Ducati nel 2019? Bagnaia potrebbe essere già in Pramac

Francesco Bagnaia è sul punto di firmare un accordo con Ducati per correre con Pramac nel 2019 da pilota di Borgo Panigale

Paolo Ciabatti aveva dichiarato qualche giorno fa che i giovani nel mirino di Ducati per il futuro sono Francesco Bagnaia e Joan Mir, e la notizia di oggi è che proprio l'italiano avrebbe già ricevuto una offerta formale da parte di Borgo Panigale. Pecco Bagnaia si è reso protagonista nel 2017 di una stagione incredibile al debutto nella difficilissima Moto2, una classe che premia moltissimo l'esperienza. Il rider ha conquistato il quarto posto nella classifica generale, oltre a prendersi il meritato titolo di "Rookie of the year". 

Bagnaia ha già avuto nel 2016 un primo assaggio di Desmosedici, quando il Team Aspar gli fece provare la moto a Valencia come premio per le due vittorie in stagione, quando all'epoca correva ancora in Moto3. Il debutto e la grande stagione in Moto2 in sella alla Kalex gestita dal Team Sky VR46, hanno confermato tutto il talento di Bagnaia, che adesso è sul punto di vedere la propria carriere spiccare letteralmente il volo.





Sembra che, secondo quanto riportato dalla Gazzetta, in Pramac si siano mossi con un certo anticipo per garantirsi il contratto con Bagnaia a causa della forte possibilità che Danilo Petrucci possa spostarsi verso altri lidi nel 2019. Aprilia aveva già avvicinato il Petrux nel 2017, ed ora il ternano è pronto a fare lo switch e passare in pianta stabile in un Team Factory, con anche la KTM che è probabilmente alla finestra. Attualmente infatti, pur essendo un pilota Ducati con a disposizione lo stesso materiale di Lorenzo e Dovizioso, vive in ogni caso una situazione leggermente diversa da quella dei piloti che vantano lo status di "Factory Rider". 

Di certo con tutti i contratti in scadenza a fine 2018 per i top rider della MotoGP, potremmo prepararci ad una stagione di mercato caldissima in vista di rinnovi, separazioni e debutti eccellenti.

sabato 13 gennaio 2018

Gigi Dall'Igna: «In SBK ci vuole quanto prima la centralina unica»

Da responsabile di tutto il Racing Ducati, Gigi Dall'Igna esprime la sua idea su ciò che potrebbe cambiare il volto della SBK

La SBK deve cambiare. Questa affermazione mette tutti d'accordo, perchè appare palese che un campionato in cui corrono almeno sei Costruttori in forma più o meno ufficiale, non può vedere solo due di questi dominare a mani basse tutte le singole gare del campionato. Jonathan Rea è stato il mattatore assoluto della SBK nel 2017, ma tutte le gare sono state in ogni caso vinte da Sykes, Davies e Melandri, ovvero i rider di Kawasaki e Ducati.

Non è un sistema che funziona, perchè non è pensabile che in griglia di partenza non ci siano altri piloti in grado di vincere. Il sito tedesco Speedweek.com ha fatto una intervista a Gigi Dall'Igna proprio sul futuro della SBK. L'ingegnere veneto che sta riscrivendo la storia di Ducati nel Racing, conosce molto bene la SBK, essendo stato il padre della splendida Aprilia RSV4. Secondo Dall'Igna il punto focale della questione è l'elettronica, il cui sviluppo influisce troppo sulle performance delle singole moto: «In MotoGP l'elettronica unica funziona bene, quindi non vedo perchè non dovremmo seguire la stessa filosofia in SBK. Sarebbe qualcosa che migliora l'equilibrio tra costruttori. Quando c'è qualcosa che è meglio per i singoli costruttori, è meglio per l'intero campionato. Noi di Ducati non siamo contrari, per noi va bene».

Di certo al momento c'è un divario tra Ducati, Kawasaki e tutti gli altri, che in qualche modo deve essere colmato: «Non capisco perchè c'è un divario così pesante tra i costruttori. Di certo, Ducati investe molto sia in MotoGP che in SBK, ma non vedo perchè Honda e Yamaha non dovrebbero ottenere gli stessi risultati. Può darsi che Ducati investa di più, non lo so. Ma penso che anche Yamaha stia investendo molto, facendo quanto meno altrettanto rispetto a Ducati».


Dall'Igna insiste sul discorso della centralina unica, che potrebbe essere l'uovo di Colombo in SBK: «L'elettronica unica ha funzionato in MotoGP, dove si confrontano tanti produttori. Certo, ci sono concorrenti che magari non sono allo stesso livello dei migliori, ma sono ad un livello comunque ragionevole. Prima non era così e secondo me questo dipende dalla centralina unica, che è importante per lo spettacolo. Lo spettacolo è la cosa più importante, quindi prima arriva l'unità ECU in SBK meglio è».

Anche per l'ingegnere veneto non regge il discorso secondo cui il vero motivo per cui gli altri Costruttori non vincono sarebbe legato alla qualità dei piloti: «Laverty è di certo uno dei migliori, lo conosco molto bene. Ci sono anche altri piloti molto forti, che possono stare tranquillamente davanti. Camier ad esempio, ed anche altri. Poi adesso arriverà il concetto di "Concession Points" che già esiste in MotoGP ed è importante per aiutare un Costruttore che non riesce ad ottenere buoni risultati con la moto e che così può svilupparla. Finchè le condizioni sono corrette, i punti di concessione sono un'ottima cosa secondo noi».

Alla fine dell'intervista, viene chiesto a Dall'Igna se sia concreta la possibilità che alcuni Costruttori abbandonino la SBK a causa della ECU unica, per il fatto di non poter più sviluppare l'elettronica in autonomia: «Gli sviluppi tecnologici sono importanti per i produttori di moto. Le corse generano due fattori importanti: la pubblicità e lo sviluppo tecnologico, che poi è trasmesso sul prodotto di serie. 
Se si limita lo sviluppo, questo diventa un problema quando un Costruttore cerca motivazioni per correre. Devi sempre concedere ai Costruttori di sviluppare determinate cose. Ma è corretto che al contempo si faccia attenzione a non farsi sfuggire i costi di mano. Ci deve essere un giusto equilibrio».

venerdì 12 gennaio 2018

Ducati conferma il trend di crescita anche nel 2017: si vince in pista e dal concessionario

Ducati si è confermata nel 2017 sui numeri record del 2016, in un panorama di mercato sempre più complesso. E ora c'è la V4 che può fare da traino

Quando un mercato è in crisi, le soluzioni che si scelgono per affrontare questa crisi, possono determinare una rinascita dell'azienda oppure decretarne la fine. Nel caso della Ducati, le idee, i progetti e tutto quello che si è fatto negli ultimi anni, ha permesso di superare qualsiasi crisi di mercato ed uscirne ancora più solidi. Dalle tempeste del Dieselgate, passando per le continue voci di cessione imminente, in Ducati hanno sempre tenuto la testa bassa ed hanno pedalato.

Hanno sfornato modelli nuovi, scoperto o riscoperto interi segmenti di mercato. Hanno insomma sempre lavorato per offrire qualcosa in più, qualcosa di diverso e che permettesse al brand di affermarsi con sempre maggiore efficacia tra gli appassionati. I numeri espressi nel 2017 dal punto di vista delle vendite, sono la più grande conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Con una nota stampa, Ducati ha infatti diffuso dei numeri che disegnano uno stato di salute assolutamente perfetto per la Casa di Borgo Panigale.

Gli innesti nella gamma del 2017 hanno contribuito al grande successo commerciale, permettendo di mettere assieme un risultato che vede ben 55.871 moto consegnate, ovvero un numero in linea con quello del 2016 (55.451) ed assolutamente di rilievo soprattutto in considerazione di uno scenario non proprio entusiasmante dal punto di vista del mercato globale. Eppure Ducati è riuscita a confermare una crescita su tutti i mercati più importanti, riuscendo anche a centrare il bersaglio con i nuovi modelli del 2017, premiati dal pubblico con entusiasmo, come la Multistrada 950, la varie versioni della Scrambrel ed anche dei gioielli come la 1299 Superleggera, che pur detentrice di un prezzo record di € 80.000 ed una tiratura di soli 500 pezzi previsti, ha visto prenotati tutti e 500 i pezzi di cui sopra prima ancora di andare in produzione.

Questo il commento di Claudio Domenicali a delle performance incredibili: «Il 2017 è stato un altro anno positivo per Ducati sia dal punto di vista commerciale che sportivo. Abbiamo lottato per il titolo MotoGP fino all’ultima gara, abbiamo vinto sei gare portando i migliori risultati dal 2009. Il continuo rinnovamento della gamma prodotti e il forte focus sulla realizzazione di moto di grande qualità ci ha permesso di continuare a crescere anche in un mercato mondiale difficile. Un grande ringraziamento va a tutte le donne e gli uomini che appassionatamente ogni giorno rendono possibile la realizzazione di queste moto straordinarie e che hanno permesso a Ducati di diventare una delle grandi eccellenze italiane».

Stessa soddisfazione è stata manifestata da Andrea Buzzoni, responsabile vendite della Casa italiana: «Malgrado un mercato globale in calo, abbiamo ampliato la nostra quota di mercato. Siamo cresciuti significativamente sia su mercati consolidati quali Italia e Spagna che su mercati strategici emergenti quali Cina e Argentina. Questo grazie a una gamma capace di fidelizzare i Ducatisti appassionati nel mondo, ma anche di conquistare nuovi clienti con modelli come la SuperSport, la Multistrada 950 e la famiglia Scrambler. Il successo delle vendite della 1299 Superleggera e della 1299 Panigale R Final Edition confermano, inoltre, la nostra leadership tecnologica e di brand nel segmento delle moto sportive di alta gamma».

I numeri espressi nel 2017 fanno da viatico verso un 2018 che potrebbe riservare soddisfazioni ancora maggiori. Si tratta infatti dell'anno in cui debutta sul mercato la Panigale V4, ovvero la prima sportiva di grande serie prodotta da Ducati con un motore V4, un modelli su cui ovviamente si punta moltissimo sia per ragioni di mercato pure che di marketing in senso più lato. A Borgo Panigale sanno di aver puntato fortissimo mettendo in produzione una moto che in qualche modo tradisce il DNA Ducati. Ma sono altrettanto consapevoli che questa moto, questo progetto, sia la punta di diamante di tutta la tecnologia ed il know how messi assieme in 15 anni di MotoGP e di lavoro sui V4. Vincere questa sfida, potrebbe traghettare Ducati verso nuovi parametri e verso nuovi successi di mercato anche in futuro.

Alberto Puig sul ponte di comando HRC: giochi di potere in vista?

Con la nomina di Alberto Puig al ruolo di Team Manager, cambiano alcuni equilibri in Honda che potrebbero influenzare le strategie sui piloti per il futuro 

Il passaggio di consegne tra Livio Suppo e Alberto Puig potrebbe avere un peso nel medio termine molto importante sulla strategia in materia piloti per la HRC. Non c'è bisogno infatti di ricordare che nel 2018 scadranno i contratti di tutti i top rider in MotoGP, comprese le due punte di diamante Honda che sono ovviamente Marc Marquez e Dani Pedrosa. Sono già diversi mesi che si vocifera in modo insistente sulla possibilità che Marquez decida di cambiare aria, magari spinto dalla volontà di trovare nuovi stimoli in un ambiente diverso. In tanti hanno indicato nella KTM la meta perfetta per lo spagnolo, che troverebbe sia l'appoggio economico di Red Bull che il sapore per la sfida.

Riuscire a portare al titolo una moto "giovane" ed ancora da sviluppare al 100% sarebbe l'ennesimo traguardo di una carriera incredibile. Marquez ha però più volte ribadito che in Honda si trova bene e che gli piacerebbe trovare le condizioni per continuare. Qui entra in gioco Puig ed il suo nuovo ruolo all'interno di Honda. Da rumors che girano sul web, sembra che Marquez abbia espressamente chiesto ad Honda di avere come compagno di Team in HRC nel 2019 suo fratello Alex Marquez, che nel 2018 si presenta ai nastri di partenza del mondiale Moto2 come candidato naturale al titolo, viste le promozioni in top class di Morbidelli e Luthi, entrambi in Marc VDS.


Marc Marquez ha sottolineato più volte che correre in MotoGP assieme a suo fratello nello stesso team, sarebbe un sogno che si avvera e l'uomo che in questo momento ha forse le chiavi per realizzare davvero questo sogno, è proprio Alberto Puig. Quello che resta da capire, è la volontà che possa avere Puig di accontentare Marquez o meno. Dobbiamo infatti ricordare che Alberto Puig è stato il punto di riferimento per Dani Pedrosa per tanti anni, è sempre stato la sua guida, la chioccia nel box. In tanti hanno anche definito troppo stretto il rapporto tra i due, con una costante invadenza di Puig in alcuni frangenti. Tutti ricordiamo i cartelli che si decideva di esporre dal muretto HRC che indicavano un vantaggio in secondi minore al reale allo spagnolo Pedrosa sugli inseguitori. Puig diceva che si trattava di strategia, della volontà di mettere pressione al pilota per farlo restare concentrato al 100% sempre, fino all'ultimo metro di gara.

 Il manager spagnolo negli ultimi anni sta stava dedicando alla ricerca di giovani talenti in Asia nella Talent Cup, ed è noto per la spigolosità del suo carattere. Non è detto che Puig sia così propenso ad accontentare Marquez, qualora dovesse ritenere il fratello Alex non ancora pronto per correre in HRC. In questo gioca un ruolo fondamentale anche Dani Pedrosa, confermato in extremis per il 2017 dopo essere stato a lungo sul punto di salire in sella alla Yamaha M1 nel ruolo di compagno di squadra di Valentino Rossi. Pedrosa ha passato l'intera carriera in Honda HRC, ma potrebbe anche essere giunto il momento di tentare nuove sfide, per cercare di chiudere una magnifica carriera in MotoGP tentando nuove strade.

Se Dani dovesse davvero decidere di abbracciare una nuova sfida, magari in Suzuki, come sembra plausibile da rumors di Paddock, le porte per Marquez sarebbero spalancate. Eppure c'è un'altra possibilità, tutt'altro che remota, e riguarda un altro spagnolo. Tutti hanno un piano B. Lo ha la Honda, lo hanno i manager e tutti i piloti. Un piano B, ce l'ha anche Maverick Vinales e riguarda la sua permanenza in Yamaha. Vinales ha digerito molto male la situazione nel 2017, pensando che ad Iwata si siano sbagliati nel seguire le indicazioni di Valentino Rossi per sviluppare la moto.  Il talento spagnolo è apparso nervoso nelle ultime tappe della stagione, e se Rossi dovesse firmare per restare altri due anni nel Team Factory, la convivenza potrebbe diventare un problema.

Probabilmente non si tratta di questioni personali tra i due, ma molto più semplicemente dal fatto che Vinales vuole avere tutte le attenzioni per se, e questa sembra utopia quando condividi il tuo box con una leggenda vivente come Valentino Rossi. Il piano B di Vinales potrebbe dunque essere l'approdo in Honda. Ora basta mettersi nei panni di Alberto Puig per immaginare l'enorme patata bollente che potrebbe trovarsi a maneggiare in vista del 2019.


Da un lato Marquez chiede di far entrare suo fratello nel team per firmare il rinnovo. Dall'altra parte Pedrosa che approda in un'altra squadra, lasciando una moto libera. In terza battuta, una eventuale candidatura di Maverick Vinales per salire sulla seconda moto HRC. Il dilemma sembra dilaniante persino per noi che non abbiamo il peso di prendere decisioni del genere: accontentare Marquez e garantirsi i suoi servigi, oppure accogliere in squadra Vinales e "costringere" Marquez ad accettare la situazione? Mettere Marquez alle strette, potrebbe rappresentare un rischio maggiore che andare all-in con una coppia di 2 in mano, visto che lo spagnolo troverebbe le porte spalancate ovunque, forse persino in Ducati.

 Eppure tutti conoscono l'attitudine di Honda quando si tratta di gestire situazioni delicate dal punto di vista umano. E tutti sanno che Alberto Puig non è la persona più morbida e pronta a scendere a compromessi nel Paddock. La sua nomina nel ruolo di direttore sportivo, potrebbe anche rappresentare questo per Honda, ovvero un ritorno a quella mentalità secondo cui non era il pilota a vincere, bensì la moto. Una mentalità che ha sempre posto al primo posto le esigenze della HRC, una mentalità che non sembra sposarsi bene con la volontà di Marquez di correre nello stesso team del fratello Alex, o almeno di farlo in HRC. Una richiesta che probabilmente in una città austriaca di nome Mattinghofen, dove nascono le KTM, sarebbero più che entusiasti di accontentare.

giovedì 11 gennaio 2018

Grazie Davide Tardozzi. Hai insegnato a tanti cosa dovrebbe essere lo sport

Un simpatico retroscena svelato da Davide Tardozzi riguardo una sua precisa indicazione. Un esempio di fair play che deve renderci orgogliosi di essere Ducatisti

Cos'è lo sport? Dovrebbe essere quel momento di confronto durante il quale si misurano due o più atleti, per trovare chi sia il migliore in una determinata disciplina. Nel motociclismo, la questione non è così semplice, perchè oltre a confrontarsi due atleti, che sono ovviamente i piloti, si stanno confrontando tutti gli uomini che hanno lavorato per permettere a questo duello di avvenire. Dagli ingegneri che hanno progettato le moto, ai tecnici che le hanno assemblate, passando per chi ha guidato per migliaia di chilometri un bilico per arrivare in pista e per chi ha lavorato fino a notte fonda sui dati della telemetria.

C'è tutto il mondo del management di un sistema complesso come gestire un progetto in MotoGP. Ci sono professionalità di ogni genere e soprattutto c'è grande, grandissima passione. Nel caso specifico, siamo ben consapevoli del fatto che chi lavora in Ducati, mette tantissima passione nel proprio lavoro. Lo fa per battere il pilota, gli ingegneri e tutti gli altri uomini che si dedicano ad un progetto analogo in un altro posto del mondo. Che sia Tokyo, Iwata, Noale o qualsiasi altra città che ospita un grande Costruttore, cambia poco. 

In alcune discipline sportive, purtroppo si assiste a degli spettacoli poco edificanti messi in piedi da chi questo confronto lo perde. Basta pensare a ciò che accade nel calcio italiano quando un rigore non concesso risulta dubbioso, ed ecco che una vittoria di classe diventa frutto di furti, corruzione o altre amenità che con lo sport hanno poco a che fare.


Per fortuna nel motociclismo funziona, almeno dalle parti di Borgo Panigale, in altro modo. Lo abbiamo sempre saputo, ma le parole di Davide Tardozzi, uno che di passione ci vive, ci regala una serena consapevolezza che forse nel motociclismo la parola "sport" abbia ancora un significato puro. Tardozzi è stato l'anima nei box della stagione 2017 in MotoGP, è stato il primo a festeggiare le vittorie di Dovizioso, è stato il primo ad affrontare a muso duro Lorenzo pretendendo uno switch che è poi avvenuto. Probabilmente Davide è l'uomo giusto al posto giusto in Ducati, un perfetto capitano di vascello capace di guidare un'imbarcazione delicata per un mare decisamente complicato da gestire.

Ha fatto squadra, si è mangiato le unghie fino all'osso ad ogni duello tra una Desmosedici e qualsiasi altra moto in pista. Ed a Valencia, ha insegnato a tutti cos'è lo sport. Spesso si dice che i veri campioni si scorgono soprattutto nel momento della sconfitta, perchè è quello il momento in cui sono più vulnerabili. Ed è proprio nel momento della sconfitta che Davide Tardozzi ha dato questa lezione importantissima ai ragazzi del box ed a tutti i presenti nel Paddock MotoGP. Il tutto si è svolto a Valencia, dopo un duello tiratissimo che ha visto Marquez e la Honda emergere vincitori, al culmine di un confronto davvero magnifico durato l'intera stagione.


La richiesta di Tardozzi che ha fatto da punto di partenza a questo articolo è stata questa, ed è stata probabilmente pronunciata con ferma convinzione: «Ok ragazzi, abbiamo perso. Adesso andiamo tutti a complimentarci con i ragazzi nel box Honda». Questo almeno è quello che ha dichiarato al sito Crash.net, al termine di una bella e lunga intervista. 

Ha anche spiegato che i ragazzi del box Honda, quando si sono trovati davanti i rivali della Ducati, che erano lì per complimentarsi con i vincitori, sono rimasti senza parole, quasi increduli per ciò che stavano vivendo. Ma cos'è stato questo momento, cosa hanno vissuto questi uomini?

Secondo me, questi uomini hanno insegnato a tutti noi cosa dovrebbe essere lo sport. Hanno dimostrato che qualsiasi rivalità deve essere superata e che la grandezza c'è anche nella sconfitta, soprattutto se sei in grado di riconoscere il valore del tuo avversario. Anche in Honda hanno sudato tantissimo durante la stagione, hanno lavorato duro ed hanno profuso ogni sforzo umanamente possibile per riuscire a battere la Ducati ed i suoi ragazzi. E probabilmente, quel momento in cui i rivali sono entrati nel box e si sono complimentati, è stato il miglior premio, la più grande soddisfazione della stagione. Più grande di qualsiasi coppa, migliore di qualunque festa o champagne.


Proviamo ancora emozione ripensando a tutto il duello lungo una stagione. La pelle d'oca nel vedere Dovizioso trionfare al Mugello, le sportellate con Marquez al Red Bull Ring ed a Motegi. L'arrivo in parata a Sepang ed i podi di Petrucci e Lorenzo. Tantissima magia, ed un singolo momento in cui tutto si è concentrato. Paradossalmente è stato proprio nel momento della sconfitta. E' stata una delusione, su questo non c'è dubbio. Avremmo tutti preferito vedere Dovizioso campione del mondo, e chi lo nega. Ma la soddisfazione di sapere che la Ducati ha dato l'ennesima lezione di sport, ci riempie di orgoglio di essere questo. Di essere Ducatisti. Porprio come Davide Tardozzi. Grazie Davide, di vero cuore. Desmodromico, ovviamente.

Petrucci si gode il momento: «Mi piace battere chi guadagna più di me!»

Danilo Petrucci ha vissuto un'ottima stagione sulla Desmosedici ufficiale del Team Pramac ed è pronto a battagliare nel 2018 con tutti i piloti in griglia

Danilo Petrucci è uno di quei piloti che "si è fatto da solo". Partendo in pratica da zero, è riuscito a costruirsi una grandissima carriera in MotoGP, arrivando ad essere scelto da Ducati per portare in pista una terza Desmosedici ufficiale, con un contratto Factory in tasca. Nel 2017 Danilo ha sfiorato la vittoria in almeno due occasione, è salito sul podio del Mugello, ed ha chiuso il campionato all'ottavo posto, ad appena 13 punti da Lorenzo, ovvero l'uomo che doveva essere la punta di diamante per la Ducati nel 2017.

Petrucci ha parlato attraverso Radio24, rilasciando alcune dichiarazioni interessanti anche sul proprio rapporto con Rossi e con tutti gli altri rivali in pista, lanciandosi anche in un'analisi generale sulla situazione in pista che ci si potrà trovare davanti nel 2018: «Il pacchetto composto da Rossi e Vinales in sella alla Yamaha è molto forte, ma secondo me Marquez ha qualcosa in più di qualsiasi altro pilota. Sembra che adesso non abbia nessuna paura di cadere e farsi male, non ha paura di rischiare anche più del necessario. Sono rimasto molto colpito dal fatto che anche quando Dovizioso non era davanti, Marquez non si sia mai accontentato ed abbia spinto sempre al limite senza accontentarsi».

Non è un segreto che Petrucci si alleni spesso con Valentino Rossi al Ranch, ed è interessante apprendere quali siano le sue priorità in pista: «Preferisco battere Marquez rispetto a Rossi, perchè siamo coetanei e sarà un problema che resterà con me a lungo, mentre Valentino si ritirerà presto. Io ero uno di quelli che da piccolo ero seduto davanti alla tv a guardarlo correre, quindi per me correre con lui è qualcosa di molto particolare. Ma indipendentemente dal rapporto che ho con Rossi, so che Marquez monopolizzerà il campionato nei prossimi anni». 

In chiusura, c'è stato anche spazio per fare dell'ironia sulla differenza di trattamento economico tra il Petrux ed altri piloti molto più blasonati presenti in griglia: «Guadagno circa 50 volte in meno di Lorenzo! Ma nel mio caso, posso dire che il denaro non ti rende felice. Siamo circa 24 piloti in pista, tutti molto bravi e tutti con una grande voglia di vincere, che va oltre qualsiasi guadagno. Ma mi sono divertito a battere chi guadagna più di me! Ho pensato: "guadagni di più, ma stasera sono più felice io che ti ho lasciato dietro!"». 

mercoledì 10 gennaio 2018

Ducati perde l'appoggio di TIM, sponsor storico del progetto MotoGP

Si interrompe dopo 13 anni la collaborazione tra Ducati e lo sponsor presente dai tempi di Capirossi e Bayliss sulle Desmosedici

Non è il miglior momento dal punto di vista delle finanze per la Ducati in MotoGP. La TIM, presente sulle carene della Desmosedici come sponsor da 13 anni, ha deciso di non rinnovare il proprio appoggio al progetto sportivo della Casa di Borgo Panigale. La notizia è stata riportata dal Corriere della Sera che ha riportato la volontà del nuovo CEO del gigante della telefonia italiana di non rinnovare un contratto ormai definibile storico. Difficilmente infatti ci sono accordi di così lunga durata in ambito di sponsorizzazioni sportive. Il taglio di budget da destinare allo sport, non sarà prerogativa del motociclismo per la Telecom, che probabilmente annullerà anche la sua partnership con la Serie A di calcio e la Coppa Italia, che costa ogni anno circa 30 milioni di euro.

Un pessimo momento per Ducati per ritrovarsi senza un appoggio di questo peso, proprio nel momento in cui si stanno trattando i contratti per il futuro ed Andrea Dovizioso sta cercando di ottenere un sostanzioso adeguamento del suo stipendio per restare in Rosso anche nel 2019. Adesso il management di Borgo Panigale dovrà cercare di sostituire nel più breve tempo possibile lo sponsor e visti i risultati sportivi del 2017 e la visibilità garantita dalle prestazioni di Dovizioso e Lorenzo, non dovrebbe essere particolarmente complicato trovare nuovi partner.

Cal Crutchlow invidia un elemento fondamentale della Ducati: Michele Pirro

Il britannico Cal Crutchlow è convinto che il ruolo di Michele Pirro sia stato determinante per la Ducati nel 2017 e confida che anche in Honda arrivi un tester così veloce

Se c'è un aspetto in cui la Ducati è davvero due spanne sopra la concorrenza, senza dubbio è il livello dei tester che si occupano dello sviluppo MotoGP. Michele Pirro e Casey Stoner rappresentano una coppia incredibile di tester, perfettamente in grado di spremere tutto il potenziale della moto alla ricerca del limite, che è poi l'unica strada realmente percorribile per migliorare un prototipo. Il punto è che è assolutamente normale aspettarsi da Casey Stoner prestazioni di altissimo livello ogni volta che sale in moto, considerando che si sta parlando di un due volte campione del mondo MotoGP e probabilmente del più incredibile talento espresso nel motociclismo dell'ultimo decennio.

Diversa la questione per il tester N°2, ovvero quel Michele Pirro che quando non è impegnato nei test, si diverte a dominare il CIV ed a competere ad altissimo livello nelle sue wild card sia in MotoGP che in SBK, saltando da una tipologia di moto e gomme all'altra come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il tutto ovviamente condito da prestazioni di livello altissimo ed un ruolo sempre più importante nella definizione delle linee guida di sviluppo del mondo Ducati.

Uno dei rivali, ha posto l'attenzione su questo argomento, sottolineando quanto sia importante il lavoro svolto dal tester pugliese. E' stato Cal Crutchlow a sottolineare quest'aspetto, soprattutto paragonando la situazione della Honda in MotoGP a quella di Ducati: «Non ho idea di chi abbia bisogno la Honda adesso, ma di certo c'è bisogno di qualcuno davvero buono, perchè questa persona deve avere il nostro stesso ritmo. Pirro ha questo ritmo, e guardate cosa ha fatto per la Ducati negli ultimi due anni. Non è il pilota più veloce al mondo, ma è un pilota "totale" che sa far bene il proprio lavoro e c'è una bella differenza tra l'essere di due secondi al giro o di un solo secondo al giro più lento del riferimento»

Questo tema è stato valutato con estrema attenzione da Ducati, che da sempre si avvale di tester velocissimi proprio per avere dei riferimenti quanto più vicini possibile a quelli dei piloti ufficiali, ed è lo stesso Crutchlow a specificare quanto sia importante questo approccio nella ricerca di un tester: «Noi lottiamo per limare gli ultimi decimi di secondo, che riescono a fare una grande differenza su queste moto. Come saranno le informazioni sulla moto di chi invece è due secondi più lento? Ma almeno, un secondo più lento è già molto meglio. Per questo in Honda c'è bisogno di qualcuno davvero buono....magari Marc Marquez può ritirarsi e farlo lui! (e giù grandi risate, ovviamente)»

In queste ore sembra si stia concretizzando l'accordo con Stefan Bradl, dopo il fallimento della stagione 2017 in SBK per il rider tedesco. Bradl può essere quel pilota veloce di cui Honda ha bisogno e potrebbe replicare in qualche modo il magnifico lavoro svolto da Michele Pirro per la Ducati. Vada come vada, sembra che questa sia l'ennesima dimostrazione del fatto che spesso è proprio la Casa di Borgo Panigale a tracciare la strada, che poi viene seguita dagli altri.